L’approfondimento, condotto insieme a EY e Luiss Business School, inaugura una serie di analisi settoriali che guardano oltre la fase di crisi e suggeriscono alcune idee per portare il Paese su un sentiero di crescita maggiormente sostenibile, muovendo dal presupposto che il contesto, l’impatto e le policy si differenzino inevitabilmente tra i vari settori produttivi e necessitino di uno sguardo specifico.
Il primo documento riguarda il turismo che rappresenta il 13% del PIL italiano ed è il settore più colpito dalla crisi Covid-19. Nello specifico, il comparto alberghiero è quello per il quale si stimano le peggiori performance. La piccola dimensione aziendale e i livelli di indebitamento già elevati fanno sì che le imprese ricettive siano particolarmente vulnerabili di fronte ai vincoli di liquidità ai quali si trovano esposte per l’improvviso blocco dell’attività. Fattori caratteristici italiani – come la varietà dell’offerta e l’alta stagionalità della domanda – uniti all’obbligo di turismo interno, potrebbero attenuare questo impatto negativo.
In questo contesto, nel 2020 la crisi peserà sul fatturato delle imprese ricettive per circa il 50%, peraltro a condizione di riprendere le attività nella stagione estiva. La perdita di fatturato attesa potrebbe avvicinarsi a 10 miliardi di euro. Ci sarà da gestire una perdita di liquidità di 2-2,5 miliardi di euro e un patrimonio netto delle aziende del settore che si potrebbe ridurre anche di 3 miliardi di euro. Forte anche l’impatto sull’occupazione, in un settore con molti contratti stagionali. In ogni caso, le misure temporanee di aiuto non potranno far fronte a contrazioni di consumo prolungate.
Che fare? L’hospitality sostiene meglio l’impatto patrimoniale, ma potrà necessitare di interventi strutturali di rafforzamento, non solo di sostegno alla liquidità. Per recuperare un sentiero di sviluppo il settore richiederà un sistema articolato di misure di supporto. Le principali direttrici di un possibile intervento riguardano: